04 Mar 2021  di Jacopo Pasetti

Perché assumiamo e promuoviamo chi è simile a noi?

“Garrincha”, due volte campione del mondo, è oggi da molti esperti ritenuto il più forte dribblatore della storia del calcio. Per il suo essere diverso, la sua carriera sportiva ha seriamente rischiato di non decollare.

La “categorizzazione” è un processo cognitivo tanto involontario quanto spontaneo su cui si basa la discriminazione di ciò che appare differente. Proprio all’interno di questo processo nascono gli stereotipi, il pregiudizio, e gli atteggiamenti ostili verso gli altri che possono all’estremo generare veri e propri attacchi discriminatori. Lo stesso meccanismo, tuttavia, si manifesta nella quotidianità personale e lavorativa di ciascuno di noi anche in forma meno evidente: i nostri modi di dire e le battute che scambiamo con amici e colleghi generano delle etichette, di cui siamo quasi sempre Inconsapevoli, ma capaci di creare profonde divisioni sociali.

La diversità, o per meglio dire, l’unicità di ogni essere umano non è sempre visibile, come nel caso dei tratti somatici, e ciò ci induce a non prenderla in considerazione, a rifarci ai nostri stereotipi senza soffermarci su ciò che realmente caratterizza l’altro. Ed è proprio questa visione parziale che limita le nostre percezioni e le nostre scoperte, che ci porta a non mettere in discussione ciò che ci aspettiamo di vedere o di sapere. Guardare oltre non è semplice perché ci allontana dalle nostre certezze, ma farlo ci apre nuovi orizzonti e nuove prospettive. A noi la scelta.