Leadership e lavoro: lasciamoci ispirare dal Papa che parla agli sportivi!
“Nel momento della vittoria di un atleta non si vede quasi mai il suo allenatore: sul podio non sale, la medaglia non la indossa, le telecamere raramente lo inquadrano. Eppure, senza allenatore, non nasce un campione: occorre qualcuno che scommetta su di lui, che ci investa del tempo, che sappia intravedere possibilità che nemmeno lui immaginerebbe. Che sia un po’ visionario, oserei dire.
Non basta, però, allenare il fisico: occorre sapere parlare al cuore, motivare, correggere senza umiliare. Più l’atleta è geniale, più è delicato da trattare: il vero allenatore, il vero educatore sa parlare al cuore di chi nasce fuoriclasse. Poi, nel momento della competizione, saprà farsi da parte: accetterà di dipendere dal suo atleta. Tornerà in caso di sconfitta, per metterci la faccia”
Papa Francesco su “La Gazzetta dello Sport” (2 gennaio 2021)
Questa riflessione ci riporta ai grandi leader che si incontrano nel modo del lavoro, quelli veri, quelli che hanno la capacità talvolta visionaria di cogliere i punti di forza delle loro persone e di farle fiorire fino a renderle pilastri per la propria organizzazione. Quei leader che sanno anche farsi da parte e lasciare spazio a coloro che hanno fatto crescere, consapevoli che gli allievi sono ormai in grado di condurre l’organizzazione stessa verso mete che loro da soli non saprebbero raggiungere. Capi che sanno accettare che nei progetti, come nelle partite, arriva il momento in cui è importante farsi da parte e lasciare la scena a chi può condurre la squadra verso il successo. Guide che tuttavia non esitano a rientrare in gioco in caso necessità, che tornano per prendersi la responsabilità di un insuccesso e che sanno tenere forte in mano il cuore dei propri “campioni”.
Ed è qui che si scorge il cuore agile della leadership che sa “lasciar andare” i propri campioni e tornare al loro fianco quando hanno la necessità di essere supportati; è qui che si vede il cuore pronto al cambiamento della capacità di condurre, che non sente il bisogno di essere sempre in prima linea ma riconosce che, in alcuni frangenti, la palla debba passare a chi in quel contesto può fare la differenza.